Londra, seconda metà dell'Ottocento. A causa di una malattia molto rara, la neurofibromatosi, che gli ha dato sembianze mostruose, il ...
Londra, seconda metà dell'Ottocento. A causa di una malattia molto rara, la neurofibromatosi, che gli ha dato sembianze mostruose, il giovane John Merrick viene esposto come "uomo elefante" nel baraccone di Bytes, un alcolizzato che campa sfruttando la sua mostruosità e lo tratta come una bestia. E' qui che Merrick viene scoperto dal dottor Frederick Treves, un chirurgo del London Hospital che convince Bytes a cederglielo per qualche tempo in modo da poterlo studiare e curare. Portato in ospedale e presentato a un congresso di scienziati, John si rivela ben presto agli occhi di Treves come un uomo di intelligenza superiore e di animo raffinato e sensibile. Mentre a lui si interessano sinceramente gli aristocratici londinesi, la principessa Alexandra e la famosa attrice di teatro Madge Kendal, il fuochista dell'ospedale tenta di sfruttare la sua presenza mostrandolo a pagamento a gente in cerca di emozioni. La notte stessa in cui John subisce un'incursione di avvinazzati e di donnine, condotti nella sua stanza dal fuochista, Bytes riesce a entrare non visto e a riprendersi "il suo tesoro", come egli chiama Merrick. Portato sul continente, il poveretto viene di nuovo esibito come una curiosità da baraccone, picchiato e rinchiuso nella gabbia delle scimmie finché, mossi a compassione, alcuni suoi compagni di "lavoro" lo liberano e John, con il volto coperto da un cappuccio, torna a Londra. Ma il destino ha ancora in serbo per lui gioie e dolori.
"(...) Girato a Londra, con un'ottima costruzione ambientale d'epoca, fotografato magnificamente in bianco e nero da Freddie Francis (misconosciuto regista di horrofilm dei primi anni '70), 'The Elephant Man' oscilla tra due registri narrativi, il film dell'orrore, appunto, con le sue fumose atmosfere, e il melodramma, con il suo violento impatto emotivo. Dell'horror raccoglie, oltre che la suggestione dell'ambiente (fumosa, morbosa, gotica, in un décor dove i raffinati orpelli vittoriani stanno cedendo il passo all'incombenza meccanica della società industriale) uno dei temi prediletti: il significato sociale e individuale della mostruosità e il rapporto contraddittorio e sofferto tra 'mostro' e creatore: il dottor Treves, anche se si limita a scoprire l'Uomo Elefante, somiglia molto al barone Frankenstein, pur avendo sostituito parte dell'ardore scientifico con l'umanitarismo medico; dal canto suo. Merrick dilata quella sofferenza e quelle subitanee dolcezze che a tratti si palesavano nella creatura di Frankenstein. E' il melodramma che consente questa progressiva dissoluzione della metafora orrorifica, dando modo ai contrasti emotivi e all'autoconsapevolezza di sé di emergere. Probabilmente questo toglie parte dello spessore problematico e suggestivo al film (soprattutto in confronto al modello ripetutamente citato, "Freaks" di Tod Browning), ma gli conferisce d.'altra parte uno spessore 'sentimentale', di presa sul pubblico, che generalmente i film dell'orrore non hanno". ('Giornale dello Spettacolo': "Proposte d'Essai", a cura della FICE)
Titolo Originale: THE ELEPHANT MAN Regia: David Lynch Interpreti: Anthony Hopkins, Anne Bancroft, John Hurt, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones Durata: h 2,05 Nazionalità : Gran Bretagna 1980
"(...) Girato a Londra, con un'ottima costruzione ambientale d'epoca, fotografato magnificamente in bianco e nero da Freddie Francis (misconosciuto regista di horrofilm dei primi anni '70), 'The Elephant Man' oscilla tra due registri narrativi, il film dell'orrore, appunto, con le sue fumose atmosfere, e il melodramma, con il suo violento impatto emotivo. Dell'horror raccoglie, oltre che la suggestione dell'ambiente (fumosa, morbosa, gotica, in un décor dove i raffinati orpelli vittoriani stanno cedendo il passo all'incombenza meccanica della società industriale) uno dei temi prediletti: il significato sociale e individuale della mostruosità e il rapporto contraddittorio e sofferto tra 'mostro' e creatore: il dottor Treves, anche se si limita a scoprire l'Uomo Elefante, somiglia molto al barone Frankenstein, pur avendo sostituito parte dell'ardore scientifico con l'umanitarismo medico; dal canto suo. Merrick dilata quella sofferenza e quelle subitanee dolcezze che a tratti si palesavano nella creatura di Frankenstein. E' il melodramma che consente questa progressiva dissoluzione della metafora orrorifica, dando modo ai contrasti emotivi e all'autoconsapevolezza di sé di emergere. Probabilmente questo toglie parte dello spessore problematico e suggestivo al film (soprattutto in confronto al modello ripetutamente citato, "Freaks" di Tod Browning), ma gli conferisce d.'altra parte uno spessore 'sentimentale', di presa sul pubblico, che generalmente i film dell'orrore non hanno". ('Giornale dello Spettacolo': "Proposte d'Essai", a cura della FICE)
Titolo Originale: THE ELEPHANT MAN Regia: David Lynch Interpreti: Anthony Hopkins, Anne Bancroft, John Hurt, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones Durata: h 2,05 Nazionalità : Gran Bretagna 1980
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